Bruno Vidoni (Cento,1930-2001) artista eclettico, ricordato soprattutto per alcune provocatorie immagini fotografiche realizzate all’inizio degli Settanta è stato anche artista concettuale, pittore, incisore, gallerista e critico d’arte, scrittore, poeta e, persino, un attento cultore della ricerca
etno-storica (fondamentale il suo apporto alla costruzione dell’archivio della fotografia storica del Centro Etnografico Ferrarese, istituto del Comune di Ferrara, col quale collaborò dal 1973 sino alla morte).
Il 18 marzo, alle 17.30 presso la sala espositiva del Liceo artistico “Dosso Dossi” in via Bersaglieri del Po 25 inaugura la mostra a lui dedicata “Il gusto inquieto”.
L’esposizione si concentra sulle nature morte, realizzate dall’artista tra la metà degli anni Settanta e degli anni Ottanta del Novecento. Immediati i riferimenti espliciti, quasi ad omaggio, alla pittura di Henri Matisse e Georges Braque. E’ proprio la logica combinatoria che contraddistingue l’artista centese, presentando elementi delle opere originali per poi assemblarli insieme ad altri, propriamente vidoniani. Altresì numerose sono le nature morte che Non mancano omaggi anche all’arte del Rinascimento (Leonardo) e del Barocco (Caravaggio). Certo accostarsi ai grandi maestri della tradizione pittorica e miscelare il proprio segno che non può mai rinunciare alla sua unicità, non è impresa da tutti. Vidoni riesce in questa impresa coraggiosa, proponendo una sorta di corto circuito visivo tra pittura e fotografia. Bottiglie, bicchieri, frutti, pesci, pezzi di pane divengono i modelli. “in posa” accostati altresì ad elementi oggettuali che appartengono alla modernità, alla contemporaneità, ad esempio le lattine di Coca Cola. La composizione così fisicamente costruita viene poi fotografata, rigorosamente in bianco e nero, ottenendo una stampa finale che già in questo stadio può apparire opera conclusa. Tuttavia Vidoni non si accontenta e interviene con la pittura sulla stampa fotografica. Il colore è usato ora in trasparenza (lasciando intravvedere gli oggetti riprodotti fotograficamente che si ritrovano “acquerellati”), ora in maniera totalmente coprente. Il risultato finale è paradossalmente pittorico ed esteticamente degno di nota.